sabato 29 maggio 2010

Un anno dall'incendio della Florio. Un'esperienza edificante

[Nota: se volete dire la vostra, scorrete in fondo al messaggio e clickate su "Invia commento"]
AGGIORNAMENTO 1 giugno 2010 - Volete raggiungere rapidamente questa pagina? Facile! www.incendioflorio.org
AGGIORNAMENTO 10 giugno 2010 - Un ringraziamento all'amica, collega ed europarlamentare On. Sonia Alfano per avermi citato nel suo blog.
AGGIORNAMENTO 2 luglio 2010 - Leggete in fondo all'articolo gli ultimi aggiornamenti

Voglio raccontarvi una storia. Una storia che comincia esattamente un anno fa. La notte fra il 28 e il 29 maggio 2009, intorno alle tre del mattino.
Una storia che coinvolge alcuni colleghi dell'associazione, volontari di protezione civile. Una storia che, solo per un caso fortuito, non ha coinvolto anche me.
Voglio cominciare con quattro parole. Quattro parole che formano una frase densa di significati, una frase che metto all'inizio di quest'articolo, in caratteri cubitali:
io sono un miracolato
Perché quel 20 maggio ero partito anche io, con Maurizio, con Nuccia, con la squadra che ha fatto servizio in cucina a Palombaia di Tornimparte (AQ), nel campo di accoglienza della protezione civile gestito dalla Regione Sicilia.
Perché io dovevo rientrare assieme a quella squadra, e non solo dovevo essere a bordo di quel traghetto quel tragico giorno, ma addirittura io sono stato a bordo della stessa motonave solo due giorni prima, per un disguido logistico. E la squadra la voglio anche citare, in Abruzzo eravamo: io, Maurizio Rubino, Nuccia Caraffa, Santina Limpido, Gianfranco Napolitano, Maria Guglia, Caterina Russo, Francesco Rizza, Jano Alota e la moglie Cettina Silvestri, Maria Ponaro.
Quando partii io, due giorni prima degli altri, Maria Ponaro si scorporò dal campo assieme a me, e successivamente la squadra partì tutta con l'eccezione di Francesco Rizza, che rimase disponibile anche durante il turno successivo.
Ma cominciamo questo racconto dall'inizio, da quel 12 maggio in cui io e Maurizio ci stavamo organizzando per partire e tornare al campo, in un turno di una settimana-dieci giorni. Da quando appurammo che la squadra nella sua interezza sarebbe potuta partire sabato 16 maggio. La squadra, eccetto me, Maurizio e Nuccia. Tutti e tre avevamo delle complicazioni da attuare necessariamente domenica 17, e quel 12 maggio mentre ero a casa di Maurizio e cercavamo una soluzione, dissi la prima cosa che mi venne in mente.
Io: "Maurizio, scusa. Qual'è il problema? Un mezzo per salire in Abruzzo? Io sono disposto a metterci la mia macchina, purché il dipartimento regionale ci metta almeno il carburante. Partiamo in macchina, Palermo, nave, autostrada e, se partiamo lunedì mattina, per martedì a ora di pranzo (tanto siamo fuori colonna) siamo a Tornimparte. O sbaglio?"
Non mi sbagliavo. Perché il dipartimento metteva a disposizione carburante e biglietto navale per i mezzi "in uso" alle associazioni di protezione civile che si spostavano verso la regione Abruzzo in colonna mobile, e dato che non stavamo andando a farci una vacanza, potevo tranquillamente mettere a disposizione anche la mia auto privata per salire al campo. Come d'altronde avevano fatto il cuoco Jano e la moglie, saliti con il camper personale.
Perché? Mi pare ovvio: perché la cosa importante era poter arrivare in Abruzzo, era poter fare il nostro lavoro di volontari impegnati in cucina: immagazzinare, stoccare, preparare e cucinare per tutta la gente che si è trovata improvvisamente con una tenda come tetto, o semplicemente con il metano ben rinchiuso in tutta la regione (a fine maggio solo molto lentamente si stava procedendo alla riapertura della rete, previe verifiche certosine e molto attente, e d'altronde per vedere se la rete non ha subito danni mica si può aprire il gas e vedere cosa salta in aria per trovare le perdite). Perché un volontario si muove per questo: si muove per portare una luce di aiuto dove è necessario.
Lasciando la famiglia, lasciando il lavoro. Gratuitamente: il solo salario del volontario è la soddisfazione di aver potuto fare qualcosa di più utile che mettersi a discutere al bar di una terribile catastrofe.
Ma non solo gratuitamente, anche rimettendoci di suo. Abbiamo comprato calzini, abbiamo comprato le nostre uniformi (perché l'Associazione ci ha chiesto di investire dei nostri soldi anche per questo), abbiamo comprato parte dell'attrezzatura che abbiamo portato in Abruzzo, abbiamo ricaricato i nostri telefoni cellulari per potersi sentire con la famiglia (lasciata a casa).
Lunedì 25 maggio. Mattina, saranno state le dieci: tornavamo dal bar subito fuori il campo. Una pausa caffè veloce [mia frase dell'occasione: "Dopo aver preparato *io* settecento caffè, adesso qualcuno prepara un caffè *a* *me*?" (-; ]. Suona il mio cellulare. È un collega, uno degli altri fornitori che sta lavorando a quel faraonico progetto europeo per il cliente.
Io: "Pronto, dimmi $collega"
CL: "Ehm, Grizzly, ha chiamato $Cliente, l'ispezione che prevedevamo verso l'otto di giugno, a causa dei casini del terremoto è stata anticipata. Il 28 mattina alle nove dobbiamo essere tutti lì."
Io: "IL VENTOTTO MATTINA? Ma porco qui e porco là, io sono in Abruzzo, forse partiamo il ventinove per tornare in Sicilia, come facciamo? Non posso mandare un sostituto?"
CL: "L'ispettore ha detto che tutti i fornitori dovranno essere necessariamente presenti, perché altrimenti l'ispezione salta, e con essa il finanziamento europeo, e $Cliente penso che ci viene a cercare con la lupara..."

Morale della favola, parlo con Maurizio, con il coordinatore del campo e mi organizzo per partire il 26 mattina, con due giorni d'anticipo rispetto al resto della squadra. La cosa buona è, appunto, che ho la mia macchina a portata di mano, per cui sono relativamente indipendente.
E il campo va avanti fino al 25 notte, quando dopocena mi organizzo per partire con Maria [una collega che vuole approfittare per scendere un paio di giorni prima, anche perché tecnicamente non c'è posto sul pulmino visto che rimangono in dieci persone, col pulmino da nove posti (in realtà sono Jano e la moglie Concetta sul camper, sul pulmino restano Maurizio, Gianfranco, Santina, Caterina e Nuccia; ci sarebbe anche Francesco, ma rimane un altro turno: non avevamo fatto correttamente i conti)].
Partiamo il 26 verso le due del pomeriggio, viaggiamo fino a Napoli io e Maria, prendiamo il traghetto per Palermo (il "Vincenzo Florio" della Tirrenia), poi attracchiamo a Palermo e continuiamo la strada fino a Siracusa, dove arrivo il 27 a ora di pranzo circa. Mangio, poi mi butto sul letto con tutte le ossa doloranti. Cena, preparazione degli incartamenti per l'indomani, e passa un altro giorno. Ma questo per ora non ci interessa molto.
Mattina di giovedì 28 maggio, Priolo Gargallo, zona industriale. Siamo dodici fornitori, il cliente, e questo benedetto ispettore della Comunità Europea che parla con forte inflessione dialettale dell'area laziale.
Isp: "Ce semo tutti? Tutti me confermate tutto quanto? Bene! Girateve 'sta cartelletta e mettete una firma accanto al vostro nome"
Trenta secondi dopo, circa...
Isp: "Ok, hamo finito, se nun c'avete fretta, prima di annà via $Cliente voleva offrì a tutti il caffè della macchinetta automatica"
Guardo con astio l'ispettore, e prendo la parola guardato di sghimbescio da metà dei fornitori e dal cliente:

Io: "No, aspetti. Mi faccia capire. Fatemi capire tutti quanti: mi avete fatto lasciare il campo della protezione civile di Tornimparte, vicino L'Aquila, in Abruzzo, e scendere di corsa PERCHÉ VOLEVATE UNA SEMPLICE FIRMA? Ma state scherzando?"

Il cliente e tutti i fornitori cambiano espressione e mi guardano come se all'improvviso mi fossi trasformato in una scultura di arte contemporanea; l'ispettore apre la bocca facendosi cadere la mascella in terra, prima diventa rosso come un peperoncino calabrese, poi passa direttamente al bianco lavato con Dash che più bianco non si può, e balbettando in evidente imbarazzo mi dice:

Isp: "Ma... come? Ma lei era... in Abruzzo? Ma perché non me l'avete fatto sapere prima? Ma sta scherzando? Ma... come sò sceso io da Viterbo pe 'st'ispezione... ma avrei mannato un collega de Pescara lì al campo per farle mettere la firma! Ma scusi, non poteva fallo sapé prima?"

Io: "Prima? Prima quando? Tutti sapevano che ero in Abruzzo con la protezione civile, dato che peraltro ci sono già stato proprio la settimana dopo il terremoto! E lo sapeva anche $fornitore qui presente, che mi ha telefonato mentre ero su proprio per dirmi che dovevo essere presente di persona, su *sua* (indico a tutti l'ispettore) espressa richiesta!"

Isp: "Ma... ma... m'avevano detto che lei era fuori sede, io pensavo che lei fosse in vacanza(*)... ero rimasto senza benzina... avevo una gomma a terra, non avevo i soldi per prendere il taxi, la tintoria non mi aveva portato il tight, c'era il funerale di mia madre, era crollata la casa, c'è stato un... terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette. Non è stata colpa mia: lo giuro su Dio!"
(*) No, non credo che la parte successiva sia andata avanti così, ma quando ho sentito la locuzione "pensavo che lei fosse in vacanza" devo dire che ho passato diversi momenti chiedendomi se dovevo rispondergli o disconnettere il cervello e annuire, durante i quali non sono proprio rimasto ad ascoltare.

Io: "In vacanza? A maggio e con il karaoke che è successo in Abruzzo? Ma se mi guardo bene intorno ci sono le telecamere di candid-camera, per caso?"

L'argomento della discussione devia quindi sul terremoto in Abruzzo, sul campo della protezione civile e su quanto possiate immaginare, ma a noi non interessa, questo è riempitivo, per arrivare finalmente al pomeriggio di giovedì 28, quando la squadra rimasta in Abruzzo senza di me, si appresta a partire per tornare a Siracusa.
Telefono a Maurizio, quel pomeriggio, per sapere se sono partiti tutti e come stanno andando le cose: tutto sembra a posto e la strada corre serena verso Napoli, e verso la stessa nave che avevo già preso un paio di giorni prima. Il viaggio di ritorno della squadra è cominciato, un viaggio che sarà molto più lungo del previsto, sebbene ancora tutti quanti noi ignoriamo quello che riserverà.

Arriviamo quindi alla mattina di venerdì 29 maggio 2009, mi alzo intorno alle 5:20, e vado a lavarmi i denti e fare la doccia.
Poi si fanno le 5:45 abbastanza in punto, quando esco dal bagno in accappatoio e accendo la tv perché allo scoccare dell'ora c'è il telegiornale nazionale, giusto da ascoltare per qualche minuto prima di tornare di là in camera a vestirmi.
Et voilà! Sono lì, in accappatoio, davanti alla televisione, edizione speciale dell'alba, con il sangue congelato nelle vene: il TG si apre IMMEDIATAMENTE con la notizia dell'evacuazione della motonave Vincenzo Florio in rotta da Napoli a Palermo a causa di un incendio durante la notte.
Dopo qualche istante di vivo stupore, vado in camera e, mentre mi vesto, tartasso il telefonino di servizio cercando di contattare i colleghi. In rubrica ho i numeri dei cellulari di Maurizio e Gianfranco, ma entrambi i telefonini non prendono (d'altronde sono stati trasferiti su un altro traghetto della SNAV che ha incrociato la stessa rotta, ma sono ancora troppo al largo: non c'è campo).
Intorno alle sei e mezzo del mattino provo a chiamare Nuccio, su a Tornimparte (ha dato il cambio alla squadra il giorno prima). Purtroppo Nuccio non ha nessuna notizia specifica (anzi, praticamente sono io quello che lo informa del casino successo a bordo della nave e del fatto che i ragazzi, a causa dell'incendio, devono ancora rientrare a Palermo). Discutiamo qualche istante, poi Nuccio mi invita a contattare subito Giovanni (il presidente) senza farmi remore per l'orario (sono appunto circa le sei e mezzo di mattina, ma tanto il presidente lavora in cantiere e comincia già alle cinque di mattina), e così faccio.
Nel corso della giornata tento ancora di contattare qualcuno, e verso le nove e mezza riesco a raggiungere telefonicamente Gianfranco. La situazione è brutta, ma non quanto ci si possa aspettare (non ci sono feriti, solo tanto spavento), ma sono ancora al largo e non hanno neppure idea di come fare a tornare a Siracusa, dato che il pulmino e il camper di Jano sono rimasti sul "Florio".
Le immagini del telegiornale mostrano il porto di Palermo che è un lampante esempio del funzionamento della macchina della protezione civile: ci sono diversi stand, uno stuolo di ambulanze che aspetta i passeggeri e ogni volta che ne esce una, viene scortata da due moto della polizia.
Una macchina mossa in parte proprio grazie a noi. Perché doveva arrivare alle sei di mattina la nostra squadra, e due funzionari del dipartimento regionale (il dott. Sebastiano Lio e l'ing. Foti) erano al porto in attesa per far fare nafta ai nostri mezzi. L'ingegner Foti ha notato il movimento dei portuali e si è insospettito, e appena ricevuta la notizia (alle cinque di mattina o poco prima) è riuscito a mettersi in contatto con Maurizio, e quindi ha tirato giù dal letto metà del dipartimento e delle associazioni di volontariato di Palermo, organizzando un campo di accoglienza nel giro di meno di un paio d'ore.
Quando arriva la nave è presente anche Salvo Cocina, all'epoca direttore del dipartimento regionale di protezione civile; Maurizio e Santina vengono rapidamente intervistati dalle tv nazionali (appaiono al TG1/2, in parte anche al TG5, una breve intervista anche su SkyTG24), poi finalmente riesco a ricontattare Maurizio e gli chiedo se hanno notizie su come tornare a Siracusa. Lo informo che ci metto poco a partire in macchina assieme a Guido (un collega che ho già sentito in prima mattina) per venirli a prendere tutti, ma mi dice che forse saranno accompagnati direttamente dal personale del dipartimento (e infatti verso le 18:30 arrivano a Siracusa a bordo di un pulmino messo a disposizione dal dipartimento stesso).
Spezzone di una delle interviste:


In serata quindi, fondamentalmente quando Maurizio mi fa sapere che sono ormai quasi alle porte di Siracusa (e che due colleghi hanno urgente bisogno di un caricabatteria per il cellulare, essendo andato quello originario "in fumo") raggiungo la sede.
E poi accompagno infine Maurizio a casa, dove il povero collega stanco, stremato e consumato è anche costretto (piacevolmente) a rispondere alle decine di telefonate non solo dei parenti, ma anche degli AMICI ABRUZZESI, a cominciare da Luigi e Fabrizio, carabinieri di Tornimparte, Daniele e altri della popolazione, persino il nostro fornitore alimentare Alfonso.
Tutti. Tutti quelli che riuscite a immaginare.
No, non proprio tutti quelli che riuscite a immaginare.
Perché dopo tutto questo, quello che ci saremmo aspettati, era almeno un "grazie".
No, non un grazie da parte della popolazione abruzzese, che non aveva alcun bisogno di farlo (sebbene ogni giorno, quando distribuivamo i pasti, ci si prendeva un "grazie" da ogni cittadino. Ogni giorno da settecento abruzzesi prendevamo settecento grazie tre volte al giorno, mentre dagli altri volontari solo lamentele degne di turisti in vacanza...).
No, ci saremmo aspettati tutti quanti un grazie da chi in Italia, in regione Sicilia o almeno a Siracusa muove la protezione civile. Ci saremmo aspettati che la protezione civile non fosse solo una macchina organizzata per incensare la sua stessa figura.
Ma ci siamo sbagliati. Di grosso.
Come dicevo, tutti hanno telefonato a Maurizio. O al presidente, Giovanni.
Tutti, con una piccola eccezione. Piccola ma che non passa assolutamente sottobanco, specie dopo che la notizia dell'incendio, e del coinvolgimento dei volontari di Siracusa che erano a bordo di ritorno dall'Abruzzo era nota praticamente in ogni remoto recesso italiano.
Perché quel giorno, ma neppure il giorno dopo, e neppure quello a seguire, nessuno dei volontari è stato contattato dal Comune di Siracusa. Tutta Italia ha chiesto notizie dei volontari coinvolti nell'incendio. Il sindaco di Siracusa Roberto Visentin, no. Il vicesindaco, il prefetto? No, neppure. L'assessorato di protezione civile? No, neppure. Qualche assessore? Qualche consigliere? Qualcuno di quei politicanti che è sempre stato pronto a venire a dire che era presente pure se non eravamo sotto campagna elettorale perché ci tiene a noi volontari? No. Neppure quello. In veste di amici (e non in quella istituzionale) si sono fatti sentire, con Maurizio, solo Roberto Tarantello (dell'ufficio comunale di protezione civile) e Pippo Barbagallo (assessore alla protezione civile della provincia regionale) ma, come ripeto, solo come amici. Unica figura istituzionale, e anche amico che si è fatto sentire con Maurizio è stato Vincenzo Vinciullo (consigliere regionale, ex assessore alla protezione civile del comune di Siracusa).
Pur avendo fatto girare la voce anche loro nei rispettivi entourage, nessuno ugualmente si è fatto sentire. Dopo diversi giorni in cui Maurizio e altri avevano lamentato proprio questa palese assenza, qualcuno si è fatto sentire, giusto per scusarsi in quanto "non ero a conoscenza dell'incendio", che come scusa mi pare più che discutibile, visto che - come ripeto - praticamente tutta Italia ne aveva sentito parlare. Dobbiamo crederci? O dobbiamo invece renderci conto che nessuna delle persone che avrebbe dovuto avere i volontari inviati in Abruzzo a cuore non voglio dire come familiari ma quasi, ha mostrato il minimo interesse ai fatti.
Ma, come dicevo, è passato un anno. Un anno intero: dodici mesi, 365 giorni. Che cosa si è mosso in un anno? Che risultati abbiamo ottenuto?
Solo dopo molto tempo è stato possibile accertarsi delle effettive condizioni dei mezzi parcheggiati nella stiva-garage. L'incendio a bordo della nave fu possibile stabilizzarlo praticamente dopo un paio di giorni (bruciava il garage, ovviamente pieno di mezzi, carichi di benzina e nafta).
A seguito dell'incendio venne avviata una ovvia indagine, con il relativo sequestro della nave e di tutto ciò che era rimasto a bordo. Solo dopo alcuni mesi, appunto, è stato possibile salire a bordo della nave (con specifica bardatura di sicurezza, tute, maschere, casco e compagnia briscola) e una delegazione composta da Jano, Maurizio, il nostro perito Di Grande e Pippo Maniscalco, incaricato dal dipartimento regionale di protezione civile, assieme al responsabile della SIDERMETAL (ditta incaricata dalla Tirrenia), è stata autorizzata a salire a bordo per ed accertarsi delle condizioni realizzatesi e periziare i mezzi.
L'inchiesta, ancora in corso, è risultata nell'iscrizione nel registro degli indagati di quattro persone, ma in compenso nel frattempo i nostri mezzi sono stati dissequestrati, perché è stato determinato il loro mancato coinvolgimento come causa attiva nell'incendio; poiché l'inchiesta non si è ancora chiusa, e i processi sono in corso, questo lato non voglio approfondirlo ulteriormente, almeno per il momento.
Viste le condizioni dei mezzi stessi, si è autorizzata direttamente la loro rottamazione.
Prima di continuare, vorrei offrire alla pubblica visione le fotografie dello stato in cui versavano i due mezzi (il pulmino dell'Associazione e il camper personale di Jano) a seguito dell'incendio, sviluppatosi proprio vicino ad essi. Clickate sulle foto per visualizzarle in buona risoluzione.

Pulmino Ford Tourneo in forza all'Associazione
vista frontale del pulmino
quello che resta della console di guida
 la fila centrale di sedili
 il retro del pulmino
il baule posteriore
et voilà: quello che è rimasto dei bagagli e dell'attrezzatura 

Camper LAIKA del cuoco, Jano
fiancata lato passeggero
fiancata lato guidatore
lato posteriore
 quel che resta dello scooter di cortesia
 la console di guida
 le condizioni disastrose dell'interno

E andiamo quindi ad analizzare quali intoppi burocratici vanno superati o sono a nostro favore. Anzitutto: le assicurazioni sono autorizzate ad agire solo alla chiusura dell'inchiesta, e sino ad allora, come si dice qua a Siracusa, possiamo solo "stuiarci u mussu" (pulirci la faccia) con gli incartamenti. Ma poi abbiamo un paio di normative che ci vengono incontro, oltre all'assicurazione. Riguardano non solo la perdita dei mezzi veri e propri, ma anche la perdita di attrezzature (bagagli, computer portatili, macchine fotografiche, una videocamera con DUE SETTIMANE DI VITA, cambi di biancheria varia e via discorrendo).
La prima, e più importante, è la legge a tutela e gestione dei volontari di protezione civile, ossia il D.L. 194/2001 (la cosiddetta "194")
La 194 dice tante cose che riguardano i volontari di protezione civile durante un'emergenza, fra cui una cosa interessante: articolo 10, comma 3:
3. Possono essere ammessi a rimborso, anche parziale, sulla base di idonea documentazione giustificativa (fatture, denunce alle autorità di pubblica sicurezza, certificazioni pubbliche ecc.), gli oneri derivanti da:
a) reintegro di attrezzature e mezzi perduti o danneggiati nello svolgimento di attività autorizzate con esclusione dei casi di dolo o colpa grave;
Inoltre recentemente (pochi giorni fa) si è aggiunto un altro punto a favore, ossia l'ordinanza 3877 del 12 maggio 2010 a firma del commissario per la ricostruzione. All'articolo nove, infatti, questa ordinanza recita:
1. Dopo il comma 1 dell'articolo 13 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3797 del 30 luglio 2009 (risarcimento dei danni agli stabili lesionati dal terremoto) è aggiunto il seguente comma: [le evidenziazioni sono mie, ndG] "2. Il rimborso di cui al comma 1 è riconosciuto anche ai soggetti debitamente autorizzati impiegati nelle operazioni di soccorso alle popolazioni colpite dagli eventi sismici, i cui beni siano stati distrutti o danneggiati per situazioni riconducibili all'avvenuto impiego nelle aree interessate dagli eventi sismici, tenuto conto degli eventuali concorrenti indennizzi assicurativi"
Questi riferimenti normativi riguardano tutto quello che può succedere a un volontario di protezione civile durante lo svolgimento del servizio di emergenza. Perché naturalmente la figura del volontario di protezione civile è complessa, ma non quanto possa sembrare: un volontario è come un dipendente del dipartimento di protezione civile (che però non prende stipendio).
Così come per un normale lavoratore dipendente è prevista la copertura assicurativa INAIL (la quale copre il dipendente non solo durante lo svolgimento del lavoro, ma anche nel tragitto di partenza e arrivo per recarsi sul posto di lavoro), anche noi volontari dovremmo essere assicurati in caso di incidente, ferimento o qualsiasi problema legato appunto allo svolgimento di un servizio di emergenza. Il condizionale è d'obbligo, perché in questo incendio quello che è andato bene a tutti quanti è proprio il non aver riportato alcuna ferita, in quanto tutti noi, visto come è passato questo anno, ci stiamo chiedendo (e penso che dopo aver letto questo articolo, anche molti di voi se lo chiederanno) che cosa sarebbe cambiato se qualcuno fosse rimasto ferito, nell'incendio.

Denuncia all'autorità, le fatture, le perizie e tutto quello che è stato previsto dalla normativa o richiestoci espressamente dai vari uffici legali del dipartimento e della regione è stato puntualmente prodotto. Ciò nonostante, il primo muro di gomma contro cui ci siamo scontrati è stato quello di vedere la pratica arenarsi costantemente. Manca la firma di tizio, manca la perizia, se potete mandarcela per fax. Non è arrivata la copia della denuncia perché se la sono scordata in quell'altro ufficio e non vorremmo che fosse andata persa, potreste mandarcene un'altra copia?
La persona, che più di ogni altra ci ha messo la faccia, le spese telefoniche, l'avvocato personale e buona parte della salute, è Jano.
Jano Alota è il nostro cuoco, è un volontario, come tutti noi, ed è anche un pensionato rimasto solo con la passione del camper; Jano ha visto i suoi sogni distrutti, andati a sbattere contro il muro della burocrazia, dello scaricabarile e della evidente impressione che il dipartimento di protezione civile ci abbia abbandonati definitivamente a noi stessi.
È passato un anno. Un anno di telefonate, di fax, di raccomandate, di perizie, di viaggi a Palermo. Un anno intero, durante il quale Jano (e a tratti anche Maurizio, talvolta anche qualcuno degli altri volontari coinvolti) ha sempre telefonato a metà del dipartimento regionale o nazionale per avere notizie dello svolgimento della pratica. Jano, perché nessuno dell'associazione si è mai degnato di mettere una buona parola lui stesso, e perché viceversa praticamente nessuno del dipartimento di protezione civile si è mai posto il dubbio, trovandosi le pratiche davanti al naso, di dire "Ehi, ma 'sti poveri ragazzi tutto questo casino hanno dovuto passare? Aspetta che gli faccio un colpo di telefono".

E l'associazione? "Beh, tanto c'è Jano che si sta occupando della cosa, e i nostri amici del dipartimento stanno portando avanti la pratica..."
Portando avanti?
Vediamo. Come ho detto tutti gli incartamenti necessari sono stati prodotti puntualmente, e la quantità di carte necessarie è anche cresciuta nel tempo, con la pratica che continuava ad arenarsi per la mancanza di questo o quell'altro documento. E queste informazioni sull'effettivo stato della pratica Jano le otteneva non parlando "con il dipartimento", bensì "con gli amici al dipartimento", dato che - come ho già detto - l'ufficio legale del dipartimento più volte se n'è (virtualmente) lavato le mani per lasciare tutto in mano alla Tirrenia.
Un anno, e il tempo si dimostra, come spesso avviene nelle cose italiane, un'arma a doppio taglio: mano a mano che le pratiche vanno avanti a seguito del dissequestro, quella che si va delineando è una situazione che assume delle tinte a dir poco grottesche.
A distanza di quasi un anno, che cosa succede?
"Ovvio: succede che le assicurazioni coinvolte (la nostra e quella della Tirrenia) si accordano e provvedono al pagamento dei danni ai mezzi, mentre il dipartimento di protezione civile, viste le normative esistenti, fornendo la massima collaborazione si prodiga per rimborsare attrezzature e beni andati distrutti", diranno subito tutti i miei lettori, così come mi hanno anche detto personalmente molti amici a cui ho raccontato di questa storia dalle tinte quasi kafkiane.
Ebbene, miei buoni amici, in una parola: no.

Infatti come dicevo è trascorso un anno esatto dall'incendio; Jano ha perso il camper, l'associazione ha perso il pulmino e parte dell'attrezzatura, i volontari hanno perso tutto il materiale che avevano portato con loro (ivi compresa biancheria, uniformi, scarpe, occhiali e chi più ne ha più ne metta). E in tutto questo tempo la persona che più si è prodigata per cercare di capire a che punto fossero arenati gli incartamenti è stato Jano, e solo Jano. Un anno in cui nessuna persona del dipartimento regionale o nazionale, e neppure della stessa associazione, ha saputo dire con chiarezza quali fossero le probabilità o almeno le speranze di vedere risarciti i danni subiti.
All'ennesimo diniego dell'ufficio legale della protezione civile che Jano incassa "Noi non dobbiamo risarcire nulla, dovete rivolgervi al vettore", lo stesso fa notare l'esistenza di una serie di normative che invece dice l'esatto opposto. Risposta dell'ufficio legale: "Vedremo, ma le ripetiamo che noi non possiamo fare nulla".
Nel frattempo una novità, di non molto tempo fa. L'assicurazione della Tirrenia può risarcire le cifre stabilite dal codice della navigazione, così come era stato concepito praticamente nella prima metà del secolo scorso. Si propone di pagare € 103,29 per ogni metro quadrato di spazio occupato dal veicolo, per i veicoli, ed € 6,22 per ogni kg di bagaglio, con un limite di 22kg. Jano a questo punto, molto più di altri volontari è sconfortato. Abbastanza sconfortato per come le cose debbano essere sempre gestite grazie all'amicizia, che decide di tentare l'ultima strada, prima di mandare a quel paese la protezione civile e intentare una causa.
La strada che tenta Jano è semplice. Prende tutte le informazioni che vi ho appena riportato, i riferimenti alla pratica, e gira tutto quanto per e-mail a Guido Bertolaso in persona.
Ma non basta. A Bertolaso Jano parla del suo sconforto. Perché Jano si chiede (e lo ha anche chiesto a tutti noi) perché la legge 194 è stata usata solo per gettare fumo negli occhi dei volontari; si chiede se lo scaricabarile è il comportamento standard dell'ufficio legale della protezione civile, e quindi in virtù di questo comportamento, si chiede da chi dovrebbero essere tutelati i volontari: siamo andati in Abruzzo con spirito di abnegazione, con l'intenzione di dare una seria mano di aiuto nell'emergenza (e riteniamo a buona ragione di esserci riusciti), ma a quanto pare qualcuno nelle alte sfere si è fatto l'idea che noi volontari in Abruzzo ci siamo andati per fare una bella vacanza pagata dallo stato.
Come ripeto, perché non mi stancherò di ripeterlo, nonostante tutto, questo articolo esce a un anno esatto da quell'incendio. Un anno, durante il quale ci siamo sentiti lasciati all'abbandono dalle istituzioni, dal dipartimento, dalla protezione civile in genere. Lasciati a noi stessi, come se i nostri problemi fossero una piccola e invisibile macchia sullo splendido e appena lavato/stirato tessuto della protezione civile italiana. Chi se ne frega dei vostri beni, delle vostre cose, dei vostri mezzi: per noi l'importante è aver fatto bella figura davanti a tutto il mondo e se per caso qualcosa non ha funzionato in toto, nooooooooo, è solo una cazzatina: un mucchietto di polvere che adesso con la scopa infiliamo sotto il tappeto. Voilà: non c'è più nessun problema, e chi se ne frega dei nostri volontari.

Un anno. Di telefonate agli amici e di risposte nulle dalle istituzioni. E dopo un anno, forse, finalmente la luce. Perché Bertolaso riceve l'e-mail di Jano, e si indigna.
Perché Bertolaso, come noi volontari, crede nella protezione civile. Crede nella figura dei volontari ma, soprattutto, crede che i volontari non siano mai abbandonati a se stessi. Ma non si indigna solamente (perché le parole di indignazione sono facili: chissà quanti commenti indignati riceverà anche questo articolo. Sempre se molti non avranno semplicemente niente da dire, perché queste sono quelle cose che ti lasciano palesemente senza parole), no, non si indigna solamente. Per fortuna smuove le acque, e richiama all'ordine i suoi uffici periferici. È Bertolaso quello che conferma a Jano le normative esistenti, ed è lui quello che si prende a cuore la pratica, che arranca per gli uffici del dipartimento della protezione civile da un anno.
Finalmente forse vedremo la luce. Finalmente forse questo farà vedere la luce a chissà quante altre piccole e grandi storie che sono finite sotto il tappeto, come la nostra.
Ma forse di nuovo la burocrazia italiana riuscirà ugualmente a far sprofondare il risarcimento dei danni. Forse ci vorrà un altro anno prima di vedere questi soldi rientrare. Forse no. Voi che ne dite?
Io chiudo questo articolo con una domanda. Io sono un volontario di protezione civile, come Jano, come Maurizio, come Santina, come Caterina, come migliaia di persone in tutta Italia. E come migliaia di persone in tutta Italia, in tutto il mondo, sono sempre pronto a lasciare famiglia e lavoro per partire e andare a portare una mano di aiuto, o un semplice sorriso, dove ci sono persone (come me, come te, come tutti voi) che all'improvviso hanno perso tutto. Ma da oggi io mi chiedo, sinceramente: le vittime di una calamità in qualche modo sono tutelate, ma noi? Noi volontari da chi siamo tutelati? Se Jano o Maurizio non avessero avuto amici nel dipartimento, come sarebbero andate le cose? Se domani dovesse succedere qualcosa a me, che di amici al dipartimento ne ho ben pochi? Quali sicurezze abbiamo se domani dovessimo andare a soccorrere delle persone e qualcuno di noi si facesse seriamente del male? Quali sicurezze, quali assicurazioni, quali tutele legali e assicurative sono garantite a noi volontari? Quelle delle norme su cui gli uffici legali dipartimentali hanno bellamente sputato? Noi volontari saremo abbandonati nuovamente a noi stessi in caso di necessità? Saremo di nuovo costretti a seguire vie traverse per far scorrere la burocrazia? O se mai ci dovesse essere una "prossima volta", toccherà magari sbattere la testa con qualche "ingranaggio da ungere"? Le cose saranno semplificate in futuro, oppure c'è qualche intenzione di rendere queste strutture più simili a una cosca mafiosa che ad un ufficio, un ministero, un dipartimento che funziona?
Queste non sono domande retoriche. Se qualcuno ha una risposta, vi prego, datemela, datecela a tutti quanti, perché attualmente dobbiamo dare all'avanzamento della pratica tutti i meriti a Guido Bertolaso, che si è indignato come voi che leggete questo articolo. Ma se ci fosse stato qualcun altro alla guida della protezione civile, se ci fosse stato qualcuno con la stessa mentalità da muro di gomma contro cui hanno sbattuto Jano e Maurizio, probabilmente questa pratica si sarebbe arenata definitivamente, in attesa di andare prescritta.
Noi volontari non vogliamo sentirci abbandonati.

AGGIORNAMENTO 1 luglio 2010
Siamo al primo luglio. Questo significa che è passato un anno, ma anche un altro mese. Notizie? Le peggiori.
Jano, come già detto, ha contattato Guido Bertolaso, e Bertolaso ha detto che non avrebbe abbandonato i volontari.
Ma facciamo una rapida digressione. Una digressione basata sul racconto di questi giorni delle persone coinvolte e, soprattutto, su come mi sia stato riassunto il "carteggio elettronico" che c'è stato fra Jano Alota e Guido Bertolaso.
L'ordinanza del 12 maggio 2010 io la ho citata subito, ma tecnicamente quell'ordinanza è stata citata a Jano come risposta alle sue perplessità, direttamente da Bertolaso in persona.
Analizziamola di nuovo, per qualche istante (le evidenziazioni sono mie):
Dopo il comma 1 dell'articolo 13 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3797 del 30 luglio 2009 (risarcimento dei danni agli stabili lesionati dal terremoto) è aggiunto il seguente comma: "2. Il rimborso di cui al comma 1 è riconosciuto anche ai soggetti debitamente autorizzati impiegati nelle operazioni di soccorso alle popolazioni colpite dagli eventi sismici, i cui beni siano stati distrutti o danneggiati per situazioni riconducibili all'avvenuto impiego nelle aree interessate dagli eventi sismici, tenuto conto degli eventuali concorrenti indennizzi assicurativi"
E quindi vediamo di capire una cosa. In Italia le normative di legge sono sottoposte ad interpretazione. L'interpretazione è data principalmente dal significato effettivo delle parole nella lingua italiana. Generalmente il legislatore, quando ha in mente che una legge abbia una funzione, fa in modo che il suo enunciato sia sottoposto ad una interpretazione il più possibile conforme a quell'idea, e in maniera soprattutto da evitare interpretazioni in direzione differente o, peggio ancora, opposte. Fu la locuzione "che sta appiccando" sulla nuova legislazione sugli incendi boschivi che ha "salvato" un contadino trovato con una ventina di inneschi da fuoco nello zainetto: li aveva, ma non è stato fermato "nell'atto di appiccare il fuoco".
Scusate la divagazione rapida, e torniamo a noi: cerchiamo di interpretare l'enunciato della legge che ho appena riportato.
"Soggetti" in italiano identifica le persone, ma nella sua accezione completa, ossia persone fisiche (i volontari), ma anche persone giuridiche (le associazioni). L'uso della parola soggetti nella norma infatti serve a coinvolgere nel risarcimento sia i volontari in sé che le associazioni in toto, a seconda di chi abbia effettivamente subito dei danni.
La parola "beni", invece, è sottoposta a un'interpretazione un po' più complessa. Sul vocabolario della lingua italiana, (mi sono riferito alla definizione sul sito "Treccani" la parola bene viene definita come segue:
Ogni mezzo atto alla soddisfazione dei bisogni dell'uomo (nel linguaggio economico, quasi sempre sinonimo di merce). In particolare: [...] beni mobili, immobili, produttivi, improduttivi; beni patrimoniali, quelli costituenti un patrimonio; [...] beni indiretti o strumentali, quelli utilizzati per produrre altri beni (per es., le materie prime, i macchinarî, ecc.), e con senso analogo bene capitale; beni diretti, quelli che senza ulteriori trasformazioni sono già in grado di soddisfare bisogni; beni di consumo, beni diretti destinati al soddisfacimento di bisogni individuali e familiari e che si distruggono con l'uso che se ne fa avendo comunque durata limitata; beni complementari  (o ad offerta congiunta), quelli che per soddisfare un bisogno debbono essere usati congiuntamente (automobili e benzina, elettrodomestici ed elettricità, ecc.); [...] Appartengono al linguaggio generico, non tecnico, altre espressioni, come beni necessarî, beni indispensabili, beni superflui, secondo che siano ritenuti tali per la vita dell'uomo e per la soddisfazione dei suoi vitali bisogni.
E quindi cerchiamo di dare un significato intrinseco alla parola beni che riguarda ciò che è rimasto coinvolto nell'attività dell'emergenza ed è andato distrutto.
Sono beni di certo gli automezzi. Ma sono beni anche i DPI in uso a tutti i volontari (i Dispositivi *COMPLETI* e non solo quelli inerenti l'uso in cucina da campo: siamo comunque operatori in servizio in luogo di terremoto, e pertanto dobbiamo essere adeguatamente protetti da rischi di crollo, caduta e via discorrendo).
E si suppone che siano beni anche tutti quegli oggetti non direttamente di protezione, ma relativi all'attività di cucina come ambito sanitario (pensate ai vestiti bianchi e gli zoccoli sanitari che deve utilizzare il cuoco).
Infine, considerate che chi lavora in cucina, al di là dell'azione fisica di cucinare, lavora a stretto contatto con cibi e bevande. E considerate pertanto che vi sono delle norme sanitarie di base a cui attenersi nell'atto di operare con gli alimenti: se io vado sul luogo di un terremoto per scavare tra le macerie, fondamentalmente mettere due o tre giorni di fila una maglietta sudata e impolverata se pur discutibile potrebbe non essere un grosso problema, ma viceversa prima di spostare cassette di verdura torna utile lavarsi le mani ed indossare abiti puliti. Sul luogo di un terremoto, in un turno di dieci giorni, potrebbe non essere virtualmente possibile lavare i panni, pertanto io volontario sono tenuto a portarmi appresso cambi di biancheria completi per tutto il turno, con un po' di scorta in caso di necessità. E parlo di ogni genere di cosa: pantaloni, magliette, camicie, biancheria intima, calzini, almeno un paio di felpe o maglioni in caso di freddo, e qualche capo di vestiario in più rispetto all'idea "uno al giorno" in caso di pioggia, o necessità comunque di cambiarsi più di una volta al giorno (E non parlo necessariamente di cambiarsi perché ci sia caldo o meno: se io scarico dodici pallet di verdura e li stocco in magazzino, scusatemi il francesismo, sudo come un cammello, anche se fuori ci sono dieci gradi. Fra il lavoro di magazzino prima di pranzo e quello prima di cena non era raro cambiarsi una maglietta sudata. Non le possiamo lavare, ergo che si fa? Ovvio: si mettono da parte le magliette sudate e per dieci giorni di turno uno se ne porta appresso almeno 18-20).
E non mi fermo. Beni sono anche gli strumenti che mi servono per poter vivere e lavorare: medicinali e terapie mediche non interrompibili (mettiamo che sono diabetico: mica posso saltare l'insulina!), occhiali da vista (con tutta la buona volontà del volontario, se uno ad esempio è miope, senza occhiali rischia di non vedere oltre la punta del proprio naso), eventuale apparecchio acustico...
Ancora altri beni di uso specifico sono i telefoni cellulari e/o le radio ricetrasmittenti, con i relativi caricabatterie (e non solo per tenersi in contatto con la famiglia, ma anche fra di noi durante gli spostamenti fra il campo e gli uffici COC, COM ed eventualmente DICOMAC). Non vorrei andare avanti, ma potrei includere le macchine fotografiche utilizzate non già per fotografare i terremotati al pari di animali allo zoo (come purtroppo è stato fatto da molti volontari), quanto piuttosto per documentare azioni o disagi sul campo (ad esempio in aprile quando abbiamo disteso diversi teloni per coprire le aree della cucina e del magazzino ove pioveva, o quando siamo intervenuti sulle nostre tende durante l'allagamento del campo, fu proprio il capocampo Giuseppe Chiarenza a chiederci di documentare fotograficamente questi lavori).
Bene. Avete quindi tutti in mente che cosa significa l'enunciato dell'ordinanza.
Ora ragioniamo. Esiste questa ordinanza, e prima di questa esiste il D.L. 194/2001.
Ed esiste Jano Alota, che quando si vede mandare a quel paese, scrive una e-mail a Guido Bertolaso in persona. E Bertolaso si mette a disposizione, come ho detto.
Ma non direttamente, per ovvi motivi logistici o legislativi: Bertolaso parla con i suoi collaboratori per quanto concerne l'ufficio legale e quello economico, poi risponde a Jano. Risponde e gli fornisce non solo riferimenti normativi, ma anche riferimenti personali: persone che Jano può contattare tranquillamente per sapere dell'evolversi della pratica.
Ma passa un altro mese. Finisce giugno, e Jano contatta le persone i cui nomi sono stati fatti da Bertolaso.
La risposta? Geniale.
Secondo l'ufficio legale del dipartimento nazionale di protezione civile, con il termine soggetti si indicano le associazioni, e con il termine beni si intendono solo i veicoli. Il dipartimento non ha intenzione di rimborsare alcunché di andato distrutto ai volontari, dimostrando che invece le normative vengono utilizzate solo per gettare fumo negli occhi di noi volontari. Jano ha raccontato questa storia a Guido Bertolaso, l'uomo che gli ha detto "noi non lasciamo i nostri volontari all'abbandono", ma sinora non si è mosso nulla.

Ora tutti noi vogliamo lanciare un messaggio. Un messaggio chiaro e netto, rivolto a tutti i volontari di protezione civile italiani.
Ragazzi, quando partite per un'emergenza, su richiesta del dipartimento nazionale di protezione civile, tenete sempre a mente che vi muovete a vostro rischio e pericolo, e che in caso di incidente di qualsiasi genere o danno, è evidente che il dipartimento nazionale si farà forte con la stampa parlando delle normative, ma alla fine lascerà tutti voi all'abbandono, così come ha fatto con noi.
Sono parole forti, ma il messaggio che sinora ha lanciato il dipartimento è questo, e se le cose da domani dovessere improbabilmente cambiare, state sicuri che l'unico cambiamento che avverrà sarà causato dalla nostra stanchezza: cercheremo di coinvolgere tutti gli altri media e gli altri canali d'informazione, e visto che nonostante le normative, il risultato è comunque l'abbandono, l'ultima arma che ci è rimasta è quella di cercare di "pestare i piedi" di qualcuno.
Visto? Se vogliamo una soluzione veloce, dobbiamo avere qualche amico nel dipartimento.
Personalmente queste cose mi fanno vivere la mia posizione di volontario in maniera del tutto nuova. Io faccio il volontario di protezione civile per portare aiuto a chi ne ha bisogno, di certo non affinché il dipartimento nazionale di protezione civile faccia bella figura vantandosi del lavoro eccezionale della macchina nella sua interezza. E continuerò a farlo tenendo nel cuore l'immagine delle popolazioni, ma soprattutto tenendo a mente quanti finzionari ci sono intorno a me.
Per concludere (ma solo per il momento: altri aggiornamenti potrebbero seguire), invito tutti quanti a diffondere il più possibile questa storiaccia, soprattutto diffondendo questo articolo del Blog, reperibile all'indirizzo web (facile da ricordare): http://www.incendioflorio.org/

13 commenti:

Anonimo ha detto...

E' assurdo il comportamento di chi dovrebbe aiutare e tutelare i volontari di P.C. Come ho avuto modo di affermare in altre situazioni trattasi di "FINZIONARI" (che non sanno dove stanno di casa), se loro esistono è grazie al lavoro di tutti noi volontari, come potete pensare di fare Protezione Civile tutelare tante persone se non sapete tutelare i vostri più stretti collaboratori.
F.to Turi Giarratana

Nam Rosolini ha detto...

Sono indignato per quello che ho letto e spero che questa disavventura capitata a voi serva da lezione a tutti e che il volontario sia tutelato in tutto compresi i danni subiti ma sopratutto serva da lezione a quei funzionari che invece di lavarsi le mani siano i primi a rimboccarle e che si facciano ringraziare anche loro da noi volontari per l'impegno e la professionalità dimostrata nella tutela dei nostri riguardi come loro ringraziano noi per l'impegno, la professionalità e la disponibilità avuta nei confronti del DPPC.

Unknown ha detto...

Caro Grizzly, purtroppo la legislazione in Italia esiste! E' che dappertutto esiste l' UCAS ( Ufficio complicazioni affari semplici ). Le assicurazioni, poi sono brave ad afferrare i premi. Il Dip. di PC, tranne qualche caso, è cosparso di burocrati ( non quelli in campo ma quelli dietro le scrivanie...), di funzionari che non capiscono un tubo....è che abbiamo qualcosa dentro...quindi quando chiamano partiamo....ma dico forse, e lo ripeto " FORSE ", sarebbe il caso che qualche volta non rispondiamo...come non hanno telefonato loro...bye

Anonimo ha detto...

Cronaca malinconica della scarsa attenzione che una parte del Dipartimento ha nei confronti del volontariato siciliano e che, purtroppo, non mi rende orgoglioso di far parte del DRPC.
Non capisco neppure perchè per risolverla, ci debba pensare Bertolaso da Roma (con tutti i pensieri che ha) e non un collega di Palermo! Che tristezza...
F.to Ranieri Meloni

Grizzly ha detto...

Uhm, Ranieri le tue parole sono interessanti, ma non quanto tu stesso possa immaginare. Perché vedi: indignarsi è il primo passo, ma è l'agire quello che viene dopo. Siamo uomini, tutti quanti commettiamo degli errori e nessuno di noi è perfetto. Però tutti noi possiamo migliorare, possiamo imparare dai nostri errori, cominciando con il cercare di evitare di ripeterli.
...ma il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. Procurate di lasciare questo mondo un po' migliore di quanto non l'avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire, potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di aver fatto "del vostro meglio" Così Lord Baden Powell, nel suo ultimo messaggio, spronava gli scout a migliorarsi personale e migliorare il mondo in cui viviamo. E questo concetto mi sembra molto riduttivo lasciare che venga applicato *solo* dagli scout.
Vedi, la macchina della protezione civile è complessa, dal funzionamento non semplice, ed ogni singola pedina è messa lì con uno scopo. I volontari sono, indubbiamente (viste le cifre) gli ingranaggi più numerosi, ma non sono l'unico ingranaggio della macchina nella sua interezza. Prendiamo l'emergenza in Abruzzo: molti volontari sono lì a dire "come sarebbero andate le cose, in Abruzzo, senza neanche un volontario? I dipartimenti, gli enti, l'esercito e la croce rossa, DA SOLI, sarebbero riusciti ugualmente a gestire l'emergenza?", ma io ti dico anche: "I volontari, da soli, sarebbero comunque riusciti a gestire tutta l'emergenza?" e la risposta è comunque no.
Una calamità (naturale, ma non solo, quale può essere un terremoto, un'alluvione, un gigantesco incendio boschivo) richiede una serie di interventi di tipo "strutturale" che partono dal basso. Serve la "bassa manovalanza" di gente che scava tra le macerie, tra il fango, o a forza di naspi e battifiamme si fa un mazzo così, ma serve anche chi coordina questa gente, chi gestisce coloro i quali sono rimasti senza una casa, che gestisce e coordina gli aiuti che arrivano dal circostante (perché non c'è niente come una grave calamità per mostrare la solidarietà umana) ed evita che si ammucchino inutilmente senza giungere a destinazione.
Se a leggere una storia del genere si riesce ad indignarsi, ma si lascia che questa indignazione resti una chiacchiera da bar, non cambierà mai nulla, e non solo "la prossima volta succederà la stessa cosa", ma per di più "ci saranno decine e decine di prossime volte". È importante riuscire ad aprire gli occhi, riuscire a capire che i volontari sono una parte integrante, inscindibile e irrinunciabile della complessa macchina della protezione civile, ed è importante capire che affinché tutta la macchina funzioni, tutto quanto deve essere coordinato e affiatato così come sono accordati alla perfezione tutti gli strumenti musicali di un'orchestra. Se vogliamo suonare la "Pastorale" di Beethoven e abbiamo due violini scordati, l'oboista e il primo flauto traverso raffreddati e l'arpista con un braccio ingessato, per quanto tutti gli altri elementi dell'orchestra svolgano un lavoro eccellente, l'esecuzione che otterremo sarà a dir poco penosa.
Questa storia è merito della palesemente inutile burocrazia italiana, e di quella classe dirigente più impegnata a seguire ed incensare la propria carriera e i propri meriti che a cercare di svolgere il proprio lavoro. Se ci fosse più meritocrazia, meno burocrazia e soprattutto più attenzione al funzionamento del complesso della macchina di protezione civile, non sarebbe successo tutto questo karaoke, mi sembra evidente.

Francesco ha detto...

Son riuscito a legger tutto l'articolo e son rimasto senza parole. :(

Facci sapere se ci sono nuovi sviluppi (anche se sembrerebbe difficile).

Anonimo ha detto...

Ciao, ho letto con interesse il tuo articolo e, conoscendoti personalmente, mi è sembrato di ascoltarlo direttamente dalla tua voce, mi sono immedesimato nei fatti e mi sono sentito presente sui luoghi appassionandomi alla lettura anche perchè ho seguito da casa le vicende del traghetto sentendo Maurizio telefonicamente ed è per me sconcertante quanto gli Enti e la stessa società navale abbiano perpetrato ai danni di chi ha portato un sorriso di speranza anche ai familiari delle vittime di Abruzzo facendosi belli sulle spalle dei VOLONTARI. Sono però contento di apprendere queste ultime novità (non sono ancora certezze, vero?) che riporti e spero che il risarcimento avvenga in maniera congrua e veloce. Sorrido nell'immaginarmi Jano mentre, tra una imprecazione e l'altra, intercalata da una iastima contro questo o quello, si fa strada nei meandri della porca-ra-zia (porca burocrazia).
E' stato più che opportuno il coinvolgimento di Bertolaso e spero per tutti ed anche per il futuro, che si possano fare leggi che tutelino tutte le persone ( i volontari ) e la loro attrezzatura, perchè sia la persona che le cose, sono state mese a disposizione per un aiuto sincero, fatto di cuore, senza tornaconti economici ed in maniera gratuita solo per dare ed avere una cosa in cambio ... un sorriso.
Buona Vita a Tutti.
Angelo Tarantello.

Unknown ha detto...

Sono un collega di Catania, arrivato a questo link tramite i ragazzi dell'A.N.VV.F.C. Siracusa, avete tutto il nostro appoggio e tutta la soldarietà,per quanto riguarda i ocmmenti dei colleghi al campo...LASCIATELI PERDERE non hanno minimamente l'idea di cosa voglia dire preparare e gestire una cucina da 700 pasti. Sono davvero schifato dalla istituzioni e da tutti gli organi che tutt'ora a distanza di un'anno non vi tutelano. Conosco personalmente Roberto Tarantello, grande persona e stimato professionista nel suo ambito lavorativo, teniamocelo caro e speriamo che rimanga sempre al suo posto perchè è davvero una persona competente

Grizzly ha detto...

avete tutto il nostro appoggio e tutta la soldarietà
Ciao, Sebastiano. Felice di fare la tua conoscenza.

per quanto riguarda i ocmmenti dei colleghi al campo...LASCIATELI PERDERE non hanno minimamente l'idea di cosa voglia dire preparare e gestire una cucina da 700 pasti.
Sì e no. Un giorno racconterò con calma e dovizia di particolari alcune delle gustose scene vissute in un campo ove salivano ad ogni turno decine e decine di volontari. Per ora preferisco finire di raccontare e vedere come va a finire questa storia. PS: dalla pubblicazione, ancora nessun'altra notizia.

Sono davvero schifato dalla istituzioni e da tutti gli organi che tutt'ora a distanza di un'anno non vi tutelano.
"vi"? Aspetta, scusa. Quando dici che sei un collega, intendi dire che sei un volontario (e che quindi le istituzioni non *ci* tutelano, perché quello che è successo a noi, non vedo perché non sarebbe potuto succedere ad altri), o che sei un dipendente del dipartimento comunale/regionale/nazionale? Perché vedi, come ho detto (e lo ribadisco), le parole di indignazione sono importanti, ma solo se sono il primo passo verso il miglioramento, e non per essere fini a se stesse.
I commenti di apprezzamento e di indignazione sono quella cosa che ci fa sapere quanto e come stiamo muovendo gli animi della protezione civile italiana, quanto e come questa storia resa pubblica (ora è più facile anche diffonderla: se volete parlare di questa storia ai vostri amici/colleghi/collaboratori non dovete far altro che invitarli a visitare il sito www.incendioflorio.org per arrivare direttamente qui) stia mettendo in evidenza quelle che ho chiamato "macchioline sul tessuto lavato e stirato della protezione civile italiana". Ma questo articolo funzionerà se qualcuno oltre all'indignazione comincerà a metterci di suo non già per questa storia, ma soprattutto per fare in modo che cose del genere non abbiamo mai più a ripetersi.

Conosco personalmente Roberto Tarantello, grande persona e stimato professionista nel suo ambito lavorativo, teniamocelo caro e speriamo che rimanga sempre al suo posto perchè è davvero una persona competente
Conosco personalmente Roberto da molti anni. E, senza offesa, lo tengo caro come amico, ma non come collega o riferimento presso il dipartimento. Perché quello che sto attaccando, che stiamo attaccando tutti quanti con questa storia, è questo maledetto sistema dell'andare avanti grazie alle amicizie! Se io volontario ho un'esigenza non devo assolutamente pensare "per fortuna che c'è il Roberto che da solo gioca al biliardo con la pratica che se no si ferma". Maledizione gli amici servono ad esempio a prendersi un caffé, o a scambiarsi gli auguri sotto le feste, o magari a fare una cena ogni tanto in ricordo dei vecchi tempi e delle vecchie emergenze di protezione civile finite e gestite magistralmente, *non* per avere qualcuno a cui dire "per piacere mi mandi avanti questa pratica se no se aspetto ottengo solo di essere mandato ad espletare le mie funzioni fisiologiche?".
Cerchiamo di capire questo punto, perché in questo articolo l'appoggio degli amici della protezione civile italiana, siano essi volontari o dipendenti del dipartimento, è la cosa più bella che si può ricevere. L'aiuto da parte degli amici perché un *diritto* non si può ottenere se non per pura cortesia, invece, serve solo a rafforzare ancora di più questa storia...

Anonimo ha detto...

Se e vero che il Capo Dipartimento ha preso a cuore il problema dovrebbe iniziare con il far saltare qualche testa a quei FIIIINZIONARI che non hanno fatto funzionare la macchina per la tutela dei volontari.
Turi Giarratana

Grizzly ha detto...

Per il dipartimento nazionale, così come per il governo, l'importante è far vedere sui media che tutta l'emergenza è andata in modo magistrale.
Volete cominciare a scavalcare la cortina di fumo dei media e guardare un po' più a fondo nella verità? Buttate un occhio qui.

Anonimo ha detto...

Per correttezza i volontari al porto sono stati chiamati da pippo maniscalco grande funzionario della regione, rientrato il giorno prima dall'abruzzo, di cui oggi il dipartimento ha voluto fare a meno...

Grizzly ha detto...

Ah. Questo non lo sapevo: grazie dell'aggiornamento. Conosco Pippo Maniscalco (abbiamo fatto assieme proprio quel viaggio di andata, con lui e Sebastiano Lio), e comunque ho citato principalmente le persone che sapevo essere state direttamente coinvolte, ma va da sé che di certo molte persone che sono state importanti sia sul campo di Tornimparte, sia durante la gestione dell'emergenza a Palermo, sia perché ci hanno espresso la loro amicizia e vicinanza in questa storia, sono di sicuro molte di più.